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Adolescenza ribelle: i consigli per comunicare con vostro figlio

L’adolescenza ed il coraggio di combattere contro la propria casa, ecco qualche consiglio su come gestire la situazione

“Educare vuol dire venire educati. Quella educativa è una relazione a due, dove chi educa e chi è educato non sono distinguibili”, dice Vittorino Andreoli in Lettera a un adolescente. Indubbiamente, uno dei momenti della vita di un figlio, in cui un genitore si rende conto di ciò, è l’adolescenza.

Durante questa fase della vita, i giovani, sono interessati da una serie di cambiamenti, di novità, non sempre facili da gestire. Gli adolescenti sono in lotta aperta, con sé stessi e con il mondo. I genitori sono quella piccola porzione di mondo con la quale loro, durante la giornata, si interfacciano più spesso e verso la quale possono esprimere, quel sentimento di lotta che sentono. La famiglia e la scuola, sono le prime istituzioni, con le quali, è richiesto, di confrontarsi, i primi “poteri”, dei quali, un giovane, può sovvertire le regole. Ecco perchè, per i genitori, è difficile comprendere un figlio adolescente: l’avete generato, cresciuto ed educato, ed ora, si ribella a tutto ciò che fino a quel momento ha accettato, rispettato ed amato. Libri e libri di psicologia e pedagogia vengono messi a disposizione di genitori in difficoltà sugli scaffali delle librerie, molti sono i consigli chiesti ad esperti ed educatori, oppure ad amiche ed amici che hanno affrontato prima di voi un adolescente ribelle.

Come comportarsi con un figlio adolescente in ribellione?

Uno degli aspetti fondamentali per superare uniti le difficoltà è il dialogo e la comunicazione, infatti, il mutismo generazionale è pericoloso. Il fine è quello di opporsi al dolore della non comunicazione. Sarete rifiutati; nella maggior parte dei casi, un adolescente, è convinto di non poter essere capito dai propri genitori e che sia inutile parlare del proprio stato al padre o alla madre. Inutile è rispondere con frasi connesse al concetto, secondo cui anche voi avete vissuto l’esperienza dell’adolescenza. Ovviamente è vero, ma siete stati adolescenti in un’altra epoca che avanzava richieste molto diverse ai propri giovani.

Provate ad ammettere la vostra impreparazione, chiedete a vostro figlio di spiegarvi cosa significhi realmente essere giovani negli anni 2000. Scendere dal piedistallo del “ho passato prima di te ciò che stai vivendo”, vi permetterà di avvicinarvi. Importante, però, è non forzare un’ipotetica relazione di amicizia tra genitori e figli. Avvicinatevi a vostro figlio, senza smettere di ricordare lui, che non siete suoi pari. Un adolescente ha bisogno di punti di riferimento, ha bisogno di regole e di imposizioni, anche per combatterle. Se combatterà con voi forse sarà meno in lotta con il mondo esterno, con tutte quelle istituzioni con regole annesse, che, invece, non sono tenute a sopportare e comprendere la sua lotta interiore ed esteriore.

La scrittura avvicina, perchè fornisce il tempo adeguato alla riflessione, senza passare a parole forti, la cui fonte, spesso e volentieri, è il nervosismo, non la verità. Scrivete a vostro figlio le cose che non capite di lui. Lui davanti a voi probabilmente getterà le vostre parole in un cestino, ma appena l’avrete lasciato solo le leggerà con molta attenzione, la risposta non si può sapere se giungerà in forma scritta o comportamentale, ma lasciategli tempo e spazio. Riconoscergli la sua intimità, infatti, è indispensabile. Non invadete i suoi spazi: un adolescente si sente grande e vo dovete trattarlo da tale per fargli comprendere che ha ed avrà delle responsabilità, dalle quali, sebbene sia in lotta con se stesso, non potrà sottrarsi. Trovate del tempo solo per lui, sostenetelo nelle sue passioni e nei suoi sogni, quelli che non capite fateveli spiegare, prima di impedirgli di fare ciò che vuole.

In conclusione, le parole d’ordine sono, comunicazione, sia essa scritta o verbale, ammissione di inadeguatezza nella comprensione del suo comportamento ed accettazione di ciò che lui, con il suo atteggiamento cerca di farsi riconoscere: è grande, spiegandogli, ovviamente, che da ciò dipendono una serie di responsabilità, a cui, quando era piccolo, poteva fare senza attenersi.